venerdì 13 marzo 2009

ALESSANDRIA - PARISE ALZA IL TIRO. DUBBI SULLA CORTE DEI CONTI.



Si inasprisce il confronto politico tra il coordinatore del cittadino del PD, Corrado Parise, e il Comune. E stavolta nel mirino finisce anche la Corte dei Conti. In una conferenza stampa ha sollevato la questione di una fideiussone sulle cartolarizzazioni. Detta così la questione può sembrare da addetti ai lavori, ma visto che riguarda tutti cerchiamo di spiegarla con parole più chiare, anche se a volte imprecise.
Il Comune ha un problema: i soldi in cassa, e fin qui... La soluzione, come per molti altri enti locali e non (Stato compreso), è una campagna cessione di beni. Solo che la vendita di solito è cosa lunga, le necessità di tesoreria invece urgenti.
Di qui la cartolarizzazione: si crea una società, le si passano i beni, con questi come garanzia la società stessa (in questo caso Valorial) va dalle banche.
E dice: "anticipatemi i soldi, vi pago gli interessi; appena vendo restituisco il capitale".
Già, ma le banche non è che si fidino: e se poi gli incassi di Valorial sono molto inferiori al previsto (cioè al valore di beni stimati prima della crisi)? Così cheidono al comune una fideiussione: cioè, che quel capitale lo garantisca lui.
Qui s'inizia la storia, che ha per Parise un antefatto: a febbraio 2008 il Comune affida una consulenza di 22 mila euro per "aggiornamento ed alta formazione dei dirigenti" a un consigliere della Corte dei Conti. Poi a maggio, sempre secondo l'esposizione fatta dal coordinatore PD, su richiesta del sindaco stesso la Corte delibera un primo parere sulle cartoralizzazioni: "Si ritiene corretto non realizzarle per finanziare spese diverse da quelle di investimento". Insomma, con quesi soldi non si possono, ad esempio, pagare fornitori o dipendenti.
E va bene. Ma la fideiussione? Parise spiega che ad inizio dicembre ancora la Corte dei Conti, sempre su richiesta comunale, dà parere negativo: il Comune non può per Legge assumersi un rischio e dare garanzie; le banche possono rivalersi solo sul patrimonio della Valorial.
Ma due mesi dopo (29 gennaio) terzo "appello" del Comune e stavolta la Corte arriva a conclusioni diverse: modificando il Regolamento comunale di contabilità si può derogare anche dalla legge (il Testo Unico degli Enti Locali).
Hanno cambiato parere, ma Parise fa notare che in quest'unico caso relatore=estensore della sentenza è lo stesso consigliere a cui 12 mesi prima il Comune affidò la consulenza.
Allude ad uno scambio di favori? Parise nega: "Solo esposizione di fatti, poi ognuno giudichi". In realtà la concatenazione porta a facili conclusioni. Dimostrabili o meno, sarà probabilmente la magistratura (quella non contabile) a dirlo. Anche se il coordinatore PD preferisce mettere l'accento su un problema generale: l'affidamento ai magistrati di incarichi extragiudiziari retribuiti che possono a volte entrare in conflitto con il loro lavoro.
Da ultimo la questione Vandone, assessore al Bilancio e per Parise "deus ex machina" dell'operazione: è anche consigliere della Cassa di Risparmio, una delle banche a cui si rivolge il Comune.
Doppio incarico illegittimo? La questione è già stata sollevata, ma il coordinatore PD non esclude ora di rivolgersi direttamente alla Procura.
Su questi temi abbiamo chiesto un parere al sindaco, il quale però non ritiene di intervenire nella polemica, almeno ufficialmente.
Se mutasse idea saremo come sempre lieti di ospitarlo.

da LA STAMPA del 13 marzo 2009
a firma Piero Bottino

IO SO I NOMI





Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum".
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio "progetto di romanzo", sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il '68 non è poi così difficile.
Tale verità - lo si sente con assoluta precisione - sta dietro una grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio. Ultimo esempio: è chiaro che la verità urgeva, con tutti i suoi nomi, dietro all'editoriale del "Corriere della Sera", del 1° novembre 1974.
Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, almeno, degli indizi.
Ora il problema è questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente degli indizi, non fanno i nomi.
A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha il necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale.
Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi: ma egli non ha né prove né indizi.
Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove ed indizi.
Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e inventore di storie, potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno al potere), compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta probabilità, prove ed indizi.
Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi.
Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.
All'intellettuale - profondamente e visceralmente disprezzato da tutta la borghesia italiana - si deferisce un mandato falsamente alto e nobile, in realtà servile: quello di dibattere i problemi morali e ideologici.
Se egli vien messo a questo mandato viene considerato traditore del suo ruolo: si grida subito (come se non si aspettasse altro che questo) al "tradimento dei chierici" è un alibi e una gratificazione per i politici e per i servi del potere.
Ma non esiste solo il potere: esiste anche un'opposizione al potere. In Italia questa opposizione è così vasta e forte da essere un potere essa stessa: mi riferisco naturalmente al Partito comunista italiano.
È certo che in questo momento la presenza di un grande partito all'opposizione come è il Partito comunista italiano è la salvezza dell'Italia e delle sue povere istituzioni democratiche.
Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico. In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in senso autenticamente unitario - in un compatto "insieme" di dirigenti, base e votanti - e il resto dell'Italia, si è aperto un baratto: per cui il Partito comunista italiano è divenuto appunto un "Paese separato", un'isola. Ed è proprio per questo che esso può oggi avere rapporti stretti come non mai col potere effettivo, corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici, quasi da nazione a nazione. In realtà le due morali sono incommensurabili, intese nella loro concretezza, nella loro totalità. È possibile, proprio su queste basi, prospettare quel "compromesso", realistico, che forse salverebbe l'Italia dal completo sfacelo: "compromesso" che sarebbe però in realtà una "alleanza" tra due Stati confinanti, o tra due Stati incastrati uno nell'altro.
Ma proprio tutto ciò che di positivo ho detto sul Partito comunista italiano ne costituisce anche il momento relativamente negativo.
La divisione del Paese in due Paesi, uno affondato fino al collo nella degradazione e nella degenerazione, l'altro intatto e non compromesso, non può essere una ragione di pace e di costruttività.
Inoltre, concepita così come io l'ho qui delineata, credo oggettivamente, cioè come un Paese nel Paese, l'opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia è sempre potere.
Di conseguenza gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi anch'essi come uomini di potere.
Nel caso specifico, che in questo momento così drammaticamente ci riguarda, anch'essi hanno deferito all'intellettuale un mandato stabilito da loro. E, se l'intellettuale viene meno a questo mandato - puramente morale e ideologico - ecco che è, con somma soddisfazione di tutti, un traditore.
Ora, perché neanche gli uomini politici dell'opposizione, se hanno - come probabilmente hanno - prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpe e delle spaventose stragi di questi anni? È semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguono - a differenza di quanto farebbe un intellettuale - verità politica da pratica politica. E quindi, naturalmente, neanch'essi mettono al corrente di prove e indizi l'intellettuale non funzionario: non se lo sognano nemmeno, com'è del resto normale, data l'oggettiva situazione di fatto.
L'intellettuale deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento.
Lo so bene che non è il caso - in questo particolare momento della storia italiana - di fare pubblicamente una mozione di sfiducia contro l'intera classe politica. Non è diplomatico, non è opportuno. Ma queste categorie della politica, non della verità politica: quella che - quando può e come può - l'impotente intellettuale è tenuto a servire.
Ebbene, proprio perché io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi (e non al posto di questo) io non posso pronunciare la mia debole e ideale accusa contro l'intera classe politica italiana.
E io faccio in quanto io credo alla politica, credo nei principi "formali" della democrazia, credo nel Parlamento e credo nei partiti. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica che è quella di un comunista.
Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo) solo quando un uomo politico - non per opportunità, cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento - deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non può non avere prove, o almeno indizi.
Probabilmente - se il potere americano lo consentirà - magari decidendo "diplomaticamente" di concedere a un'altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon - questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori). Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato.

Corriere della Sera, 14 novembre 1974
Telegrammi all'umanità
Io so
Pier Paolo Pasolini
immagine: Patti Smith per Pasolini

IO SE FOSSI DIO - 1^ PARTE - GABER/LUPORINI

Io se fossi Dio sarei sicuramente molto intero e molto distaccato come dovreste essere voi.
Perché Dio è violento e gli schiaffi di Dio appiccicano al muro tutti.

IO SE FOSSI DIO - 2^ PARTE - GABER/LUPORINI

Di loro posso dire solamente che mi hanno tolto il gusto di essere incazzato personalmente.

IO SE FOSSI IO


Io se fossi dio


Io se fossi Dio
e io potrei anche esserlo sennò non vedo chi. Io se fossi Dio non mi farei fregare dai modi furbetti della gente, non sarei mica un dilettante sarei sempre presente.

Sarei davvero in ogni luogo a spiare o, meglio ancora, a criticare appunto cosa fa la gente.
Per esempio il piccolo borghese, com’è noioso, non commette mai peccati grossi, non è mai intensamente peccaminoso. Del resto, poverino, è troppo misero e meschino e, pur sapendo che Dio è più esatto di una Sweda, lui pensa che l’errore piccolino non lo conti o non lo veda.
Per questo io se fossi Dio preferirei il secolo passato, se fossi Dio rimpiangerei il furore antico,
dove si odiava e poi si amava, e si ammazzava il nemico.
Ma io non sono ancora nel regno dei cieli, sono troppo invischiato nei vostri sfaceli.
Io se fossi Dio, non sarei così coglione a credere solo ai palpiti del cuore o solo agli alambicchi della ragione.
Io se fossi Dio, sarei sicuramente molto intero e molto distaccato, come dovreste essere voi.
Io se fossi Dio, non sarei mica stato a risparmiare, avrei fatto un uomo migliore. Sì, vabbe’, lo ammetto, non mi è venuto tanto bene, ed è per questo, per predicare il giusto, che io ogni tanto mando giù qualcuno, ma poi alla gente piace interpretare, e fa ancora più casino.
Io se fossi Dio non avrei fatto gli errori di mio figlio, e sull’amore, e sulla carità mi sarei spiegato un po’ meglio.
Infatti non è mica normale che un comune mortale, per le cazzate tipo compassione e fame in India, c’ha tanto amore di riserva che neanche se lo sogna che viene da dire “Ma dopo come fa a essere così carogna?”
Io se fossi Dio, non sarei ridotto come voi, e se lo fossi, io certo morirei per qualcosa di importante.
Purtroppo l’occasione di morire simpaticamente non capita sempre e, anche l’avventuriero più spinto, muore, dove gli può capitare, e neanche tanto convinto.
Io se fossi Dio, farei quello che voglio, non sarei certo permissivo, bastonerei mio figlio sarei severo e giusto, stramaledirei gli inglesi come mi fu chiesto e ,se potessi, anche gli africanisti e l’Asia e poi gli americani e i russi, bastonerei la militanza come la misticanza e prenderei a schiaffi i volteriani, i ladri, gli stupidi e i bigotti: perché Dio è violento!
E gli schiaffi di Dio appiccicano al muro tutti.
Ma io non sono ancora nel regno dei cieli sono troppo invischiato nei vostri sfaceli.
Finora abbiamo scherzato. Ma va a finire che uno prima o poi ci piglia gusto e ,con la scusa di Dio, tira fuori tutto quello che gli sembra giusto.
E a te ragazza che mi dici che non è vero che il piccolo borghese è solo un po’ coglione, che quell’uomo è proprio un delinquente un mascalzone, un porco in tutti i sensi, una canaglia e che ha tentato pure di violentare sua figlia.
Io come Dio inventato, come Dio fittizio, prendo coraggio e sparo il mio giudizio e dico:
speriamo che a tuo padre gli sparino nel culo, cara figlia.
Così per i giornali diventa un bravo padre di famiglia.
Io se fossi Dio, maledirei davvero i giornalisti e specialmente tutti, che certamente non sono brave persone, e dove cogli, cogli sempre bene. Compagni giornalisti, avete troppa sete e non sapete approfittare delle libertà che avete, avete ancora la libertà di pensare, ma quello non lo fate e, in cambio, pretendete la libertà di scrivere e di fotografare. Immagini geniali e interessanti di presidenti solidali e di mamme piangenti.
E in questa Italia piena di sgomento, come siete coraggiosi, voi, che vi buttate senza tremare un momento.
Cannibali, necrofili, deamicisiani e astuti e si direbbe proprio compiaciuti. Voi vi buttate sul disastro umano col gusto della lacrima in primo piano. Sì, vabbe’, lo ammetto la scomparsa dei fogli e della stampa sarebbe forse una follia, ma io se fossi Dio, di fronte a tanta deficienza, non avrei certo la superstizione della democrazia.
Ma io non sono ancora del regno dei cieli, sono troppo invischiato nei vostri sfaceli.
Io se fossi Dio, naturalmente, io chiuderei la bocca a tanta gente, nel regno dei cieli non vorrei ministri né gente di partito tra le palle, perché la politica è schifosa e fa male alla pelle.
E tutti quelli che fanno questo gioco, che poi è un gioco di forza ributtante e contagioso come la lebbra e il tifo, e tutti quelli che fanno questo gioco, c’hanno certe facce che a vederli fanno schifo, che sian untuosi democristiani o grigi compagni del Pci.
Son nati proprio brutti, o perlomeno tutti finiscono così.
Io se fossi Dio dall’alto del mio trono vedrei che la politica è un mestiere come un altro, e vorrei dire, mi pare Platone, che il politico è sempre meno filosofo, e sempre più coglione.
È un uomo a tutto tondo, che senza mai guardarci dentro scivola sul mondo, che scivola sulle parole, anche quando non sembra, o non lo vuole.
Compagno radicale
la parola compagno non so chi te l’ha data, ma in fondo ti sta bene, tanto ormai è squalificata, compagno radicale, cavalcatore di ogni tigre, uomo furbino, ti muovi proprio bene in questo gran casino e, mentre da una parte si spara un po’ a casaccio e dall’altra si riempiono le galere di gente che non c’entra un cazzo,
Compagno radicale tu occupati pure di diritti civili e di idiozia, che fa democrazia, e preparaci pure un altro referendum, questa volta per sapere dov’è che i cani devono pisciare.
Compagni socialisti,
ma sì, anche voi insinuanti, astuti e tondi, compagni socialisti, con le vostre spensierate alleanze di destra, di sinistra, di centro, coi vostri uomini aggiornati, nuovi di fuori e vecchi di dentro, compagni socialisti, fatevi avanti, che questo è l’anno del garofano rosso e dei soli nascenti fatevi, avanti col mito del progresso e con la vostra schifosa ambiguità, ringraziate la dilagante imbecillità.
Ma io non sono ancora nel regno dei cieli, sono troppo invischiato nei vostri sfaceli.
Io se fossi Dio, non avrei proprio più pazienza, inventerei di nuovo una morale, e farei suonare le trombe per il Giudizio universale. Voi mi direte: perché è così parziale il mio personalissimo Giudizio universale? Perché non suonano le mie trombe per gli attentati, i rapimenti, i giovani drogati e per le bombe. Perché non è comparsa ancora l’altra faccia della medaglia?
Io come Dio, non è che non ne ho voglia, io come Dio, non dico certo che siano ingiudicabili
o addirittura, come dice chi ha paura, gli innominabili, ma come uomo come sono e fui, ho parlato di noi, comuni mortali, quegli altri non li capisco, mi spavento, non mi sembrano uguali.
Di loro posso dire solamente che dalle masse sono riusciti ad ottenere lo stupido pietismo per il carabiniere, di loro posso dire solamente che mi hanno tolto il gusto di essere incazzato personalmente.
Io come uomo posso dire solo ciò che sento, cioè solo l’immagine del grande smarrimento.
Però se fossi Dio, sarei anche invulnerabile e perfetto, allora non avrei paura affatto, così potrei gridare, e griderei senza ritegno che è una porcheria che i brigatisti militanti siano arrivati dritti alla pazzia. Ecco la differenza che c’è tra noi e gli innominabili: di noi posso parlare perché so chi siamo e forse facciamo più schifo che spavento, di fronte al terrorismo o a chi si uccide c’è solo lo sgomento.
Ma io se fossi Dio, non mi farei fregare da questo sgomento e nei confronti dei politici sarei severo come all’inizio, perché a Dio i martiri non gli hanno fatto mai cambiar giudizio.
E se al mio Dio, che ancora si accalora, gli fa rabbia chi spara, gli fa anche rabbia il fatto che un politico qualunque, se gli ha sparato un brigatista, diventa l’unico statista.
Io se fossi Dio, quel Dio di cui ho bisogno come di un miraggio, c’avrei ancora il coraggio di continuare a dire che Aldo Moro, insieme a tutta la Democrazia cristiana, è il responsabile maggiore, di trent’anni di cancrena italiana.
Io se fossi Dio, un Dio incosciente, enormemente saggio, c’avrei anche il coraggio di andare dritto in galera, ma vorrei dire che Aldo Moro resta ancora quella faccia che era.
Ma in fondo tutto questo è stupido perché, logicamente io se fossi Dio, la Terra la vedrei piuttosto da lontano e, forse, non ce la farei ad accalorarmi in questo scontro quotidiano.
Io se fossi Dio, non mi interesserei di odio e di vendetta e neanche di perdono perché la lontananza è l’unica vendetta, è l’unico perdono.
E allora va a finire che se fossi Dio io mi ritirerei in campagna come ho fatto io.

- Giorgio Gaber e Sandro Luporini, Io Se Fossi Dio, 1980 -